5 Febbraio 2022

Autore : Maria Adele Sposato

Il trasferimento al figlio della proprietà di un immobile, a seguito della cessazione della convivenza, non mette al riparo il genitore dal versamento dell’assegno di mantenimento, anche nel caso in cui esisteva un accordo tra le parti in ordine al mantenimento del figlio e le condizioni economiche siano rimaste, nel tempo, immutate.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 663 del giorno 11 gennaio 2022, rigettando il ricorso di un padre ed affermando il seguente principio di diritto:“In tema di mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, alla luce del disposto di cui all’articolo 337 ter quarto comma c.c., anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell’autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un’omologazione o controllo giudiziale preventivo; tuttavia, avendo tale accordo ad oggetto l’adempimento di un obbligo ex legge, l’autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante definitiva vincolatività fra le parti del negozio concluso, nell’effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all’interesse morale e materiale della prole”.

La vicenda, approdata in cassazione, trae origine da una sentenza del Tribunale di Cosenza, con la quale quest’ultimo ha dichiarato inammissibile la domanda, presentata da una madre, volta ad ottenere il mantenimento per il figlio – nato da una convivenza more uxorio – stante il mancato mutamento delle condizioni economiche delle parti in data successiva alla stipula di un accordo, ritenuto valido ed anche già eseguito, in forza del quale il padre aveva trasferito al figlio la proprietà di un immobile, ottenendo in cambio l’esonero dagli obblighi di contribuzione, salvo le spese scolastiche e di abbigliamento.

A seguito di reclamo proposto, la Corte d’Appello di Catanzaro, riformando parzialmente la decisione del Tribunale, ha stabilito che il padre fosse, invece, tenuto a contribuire al mantenimento del figlio anche con un assegno mensile, ritenendo l’accordo negoziale inefficace in mancanza di un controllo giudiziario, necessario a verificare la conformità all’interesse morale e materiale del minore.

Proposto ricorso, la Suprema Corte lo ha rigettato, modificando in parte la precedente pronuncia.

Gli Ermellini, in sostanza, hanno statuito che l’accordo concluso tra le parti in forma di scrittura privata, sottoscritta dagli ex conviventi, avente ad oggetto la regolamentazione dell’assegno di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio e la ripartizione tra i genitori delle spese straordinarie sostenute per i figli medesimi, è valida ed efficace, non essendovi necessità di un’omologazione preventiva o di un controllo giudiziale.

Tuttavia, hanno ritenuto che tale accordo, pur valido, e nonostante l’assenza di un mutamento delle condizioni economiche dei genitori, non preclude in alcun modo al giudice di integrarlo o modificarlo qualora lo stesso sia ritenuto inidoneo o insufficiente al raggiungimento del fine ultimo. Ciò in quanto il giudice, nell’operare la sua valutazione, deve tenere conto, sempre, dell’esclusivo interesse morale e materiale della prole (art. 337 ter, 2° co., cod. civ.).

L’obbligo di mantenimento nei confronti della prole, dunque, può essere adempiuto con l’attribuzione definitiva di beni, o con l’impegno ad effettuare detta attribuzione, piuttosto che attraverso una prestazione patrimoniale periodica, sulla base di accordi che costituiscono espressione di autonomia contrattuale, accordi con i quali vengono regolate solo le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta; ad ogni modo, però, la salvaguardia degli accordi di tal genere, stipulati dai genitori, seppur nell’esercizio della loro autonomia negoziale, non può prevalere sulla eventuale necessità di adottare provvedimenti idonei ad assicurare l’interesse del minore, che mai può essere leso dai genitori, trattandosi di un interesse indisponibile.

Di seguito l’ordinanza.

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Modificato: 21 Marzo 2023